Un’antica tradizione sufi ci invita a riflettere profondamente prima di parlare, chiedendoci se ciò che stiamo per dire sia vero, necessario, benefico e gentile. Queste quattro domande non sono dei consigli etici, ma una sorta di soglie interiori, simili ai quattro cancelli del mandala. Come nei mandala orientali, in cui i quattro guardiani delle soglie presiedono ai punti cardinali e custodiscono lo spazio sacro, così queste quattro domande custodiscono la parola, impedendo che essa si disperda, ferisca o perda la sua forza creatrice.
Nel mandala, i cancelli rappresentano accessi rituali alla totalità dell’essere. I guardiani che le presidiano sono lì a proteggere sia il centro dall’intrusione del caos, sia a gestire e regolare l’uscita, perché ciò che esce dal centro è altrettanto sacro di ciò che vi entra. Allo stesso modo, ogni parola che pronunciamo è un moto dell’interiorità verso l’esterno: è energia psichica che prende forma, direbbe C.G. Jung, e che ha un impatto sul mondo. La parola, come ogni atto simbolico, trasforma chi la pronuncia e chi l’ascolta.
In questa prospettiva, le quattro domande messe in parallelo con le quattro porte diventano un processo di purificazione psichica.
Queste parole sono vere? Questa domanda richiede una sincerità non solo oggettiva, ma esistenziale. Non si tratta solo di enunciare fatti, ma di essere allineati con il proprio sentire profondo. Come insegnano i maestri zen, dire la verità è un atto di presenza, non di violenza. Sono necessarie? Il bisogno di parlare spesso nasce dall’ansia di riempire un vuoto. Ma non tutto ciò che è vero deve essere detto. In molte tradizioni spirituali, il silenzio è considerato veicolo di conoscenza. Simone Weil parlava della “attenzione pura” come atto d’amore: anche scegliere di tacere può essere un modo di servire la verità. Portano bene? Ogni parola è un seme. Può fiorire in comprensione, o marcire in rancore. Potremmo dire che ogni espressione verbale contribuisce a costruire o a disgregare il campo relazionale. La parola benefica è generativa: non sempre consolatoria, ma sempre feconda. Sono gentili? La gentilezza non è debolezza, ma la forza sottile di chi sa contenere l’urgenza dell’io per aprirsi all’altro. In estetica, la gentilezza della parola ha a che fare con il ritmo, il tono, la misura. Come in un mandala, dove l’equilibrio è l’aspetto più importante, anche nella parola la gentilezza conta. Accordare conta più di colpire ed ogni elemento dona respiro e armonia all’insieme.
Come il mandala non è solo una struttura geometrica, ma una mappa interiore, un processo simbolico di centratura, il Parlare equivale a varcare una soglia sacra. Le parole non sono strumenti neutri: sono forze creative, come nella visione vedica del suono primordiale (vac) o nel Logos cristiano: “In principio era il Verbo”.
Quando i bambini imparano a parlare, trasformano il mondo: il linguaggio struttura il pensiero, orienta l’esperienza, costruisce la realtà. Allo stesso modo, la parola adulta può dischiudere o chiudere, creare armonia o distorsione. Se non attraversa le quattro porte, la parola può diventare dispersione di energia, come vasi bucati che non riescono a contenere il fuoco dell’essere.
Per questo, parlare è un atto sacro. E varcare le quattro porte è un esercizio di consapevolezza. Un percorso di centratura, simile alla meditazione sul mandala. Il linguaggio diventa allora forma di ascesi: disciplina della parola come custodia dell’anima.
Nel tempo presente, in cui la parola è spesso rapida, automatica, aggressiva, recuperare questa visione è un gesto rivoluzionario. Krishnamurti e Ivan Illich ci ricordano che il modo in cui parliamo è già una scelta etica, una pedagogia implicita, una politica del quotidiano.
Varcare le quattro porte prima di parlare significa, infine, ricordare che ogni parola è un atto creativo. Ogni parola costruisce un pezzo di mondo e, se consapevole, è parte dello stesso disegno sacro che chiamiamo mandala.
Fonti e approfondimenti:
Jiddu Krishnamurti, Il libro della vita
Ivan Illich, The Social Construction of Energy, 1983 atti del convegno
C. G. Jung, Energia Psichica
Simone Weil, Prima Radice
Stanislaf Grof, Guarire le ferite più profonde
Vilma Torselli, Il Surrealismo e la poetica dell’automatismo psichico
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