di Annalisa Ippolito

La parola serve a nascondere il pensiero,
il pensiero a nascondere la verità.
E la verità fulmina chi osa guardarla in faccia.
Ennio Flaiano

Durante i laboratori, o gli interventi cito sempre due affermazioni per me imprescindibili per poter interagire con il mandala.

Il mandala non ci permette di mentire. È autentico, quindi vero e parla di noi.

Il mandala è un’esperienza, nella quale entriamo ma dalla quale non sappiamo come e quando usciremo.

Non dico questo per scoraggiare chi voglia colorare o creare mandala, piuttosto perché mentre leggevo questa frase di Flaiano mi sembrava così pertinente e calzante con il mio sentire davanti al cosmogramma che non avrei potuto riassumere meglio.

Nel mandala le parole sono superate dalle immagini e dal colore che spontaneamente sgorgano dalle matite, dai pennarelli, dai gessi e si trasformano in messaggi autentici, veri della nostra anima. Un modo per farsi sentire, un modo per raccontare una verità di noi che altrimenti non saremmo in grado non solo di esprimere, ma neppure sapremmo affrontare. Perché la verità nella sua interezza, significa mettersi davanti allo specchio, senza maschere e infingimenti, senza filtri, con i nostri veri sentimenti, con le paure, le frustrazioni e le ombre, soprattutto con il nostro dolore.

Il mandala ci parla con sincerità di una realtà nascosta, non dichiarata, immagazzinata nei meandri della memoria e dell’anima, parla schiettamente e dice molto. Paradossalmente lo fa con leggerezza, con un gentilezza. attraverso il suo linguaggio simbolizzante, artistico, dove la crudezza del messaggio è diluita nei colori e nelle forme, in un disegno curvilineo o spiraliforme, negli animali totem o nei fiori, nelle vocali e nelle consonanti o nella grafica stilizzata dei pittogrammi, tutto questo fa del mandala uno strumento gentile, generoso e terribilmente veritiero.

È lo specchio in cui la nostra anima si riflette senza provare vergogna e senso di colpa, il tutto è stemperato dalla bellezza delle forme e dall’armonia che genera l’insieme. Nel suo spazio e nel suo tempo viviamo il paradosso della finitezza umana e dell’universalità cosmica, siamo insieme il punto e la linea, ci perdiamo e ci ritroviamo e ne usciamo in qualche modo trasformati e intimamente purificati e capaci di verità. E guardarla, nonostante possa essere crudele, non spaventa più, non è parola è colore.

Photo painting Sam Nagel