di Annalisa Ippolito

I cinque Dhyani Buddha secondo la tradizione buddista tibetana sono stati creati dall’Adi-Buddha, l’essere primordiale, con i suoi poteri meditativi.
Il termine sanscrito dhyani viene tradotto con il significato di meditazione, dunque questi buddha, che non sono figure storiche come il Buddha Shakyamuni, sono esseri trascendenti che simboleggiano principi e forze universali.
Aksobhya, Amitabha, Amoghasiddhi, Ratnasaṃbhava e Vairocana, questi i loro nomi, rappresentano ciascuno un aspetto diverso della coscienza illuminata e favoriscono la trasformazione spirituale attraverso la guarigione di mente e anima.
La loro saggezza, viene descritta nel Bardo Thodol, il Libro tibetano dei morti, come capace di trasformare i cinque veleni dell’esistenza in quanto antidoto all’esistenza mondana. Il Libro inoltre, raccomanda di meditare sui Dhyani Buddha per far sì che la saggezza consapevole sostituisca le forze interiori negative.
L’arte Vajrayana, offre l’occasione di meditarli disponendoli tutti in un unico mandala, di solito con Vairocana al centro.
Ogni Buddha governa una delle direzioni dello spazio e uno dei regni cosmici di etere, acqua, terra, fuoco e aria. I Dhyani Buddha personificano anche i cinque skandha, componenti che costituiscono l’esistenza cosmica e la personalità umana.
Inoltre, ogni Dhyani Buddha è associato a un colore specifico, mudra (gesto della mano), animale simbolico che sostiene il suo trono, simbolo sacro e bija (sillaba seme).
Il ricco simbolismo di questo mandala aiuta a meditare e a visualizzare attraverso la sacralità delle immagini il potere divino dentro ciascun meditante fino a raggiungere la perfezione interiore.
In questo senso la nascita e la morte non sono fenomeni che accadono una sola volta nella vita, ma si ripetono in una sorta di resurrezione della nostra anima ma soprattutto della nostra coscienza. Più si è consapevoli dei propri passaggi più si è in grado di raggiungere lo stato di perfezione e di quiete illuminata.