Mandala di Vajrayogini/Vajravarahi (tibetano: dor je nal jor ma, dor je phag mo kyil kor): un mandala della scuola Gelugpa, dedicato a divinità femminili, semi-pacifica, dipinto in Nepal nel XVIII secolo e conservato all’Asian Art Museum di San Francisco. La figura centrale del mandala, Vajrayogini, è accompagnata da quindici divinità, disposte nella fascia superiore, inferiore e ai quattro punti cardinali. Nella parte superiore, al centro, si distingue il Buddha primordiale della tradizione Nyingma, Samantabhadra, di colore blu, nudo, che abbraccia una consorte bianca.
Al centro del dipinto, all’interno di due tetraedri (dharmadayo – due poliedri con quattro facce triangolari) fusi insieme, si erge Vajrayogini, di colore rosso, con un solo volto, tre occhi e lunghi capelli giallo scuro che fluttuano verso l’alto. È adornata con una tiara d’oro decorata con cinque teschi bianchi, nastri, orecchini d’oro e gioielli, una ghirlanda di cinquanta teste, una collana d’ossa, cintura, bracciali e cavigliere, oltre a una lunga sciarpa che si libra intorno alle spalle. Brandisce un coltello ricurvo da scuoiamento nella mano destra e tiene all’altezza del cuore una coppa cranica nella mano sinistra. Con il gomito sinistro sostiene un bastone tantrico katvanga posizionato verticalmente. Assume una postura danzante, con la gamba destra sollevata e la sinistra che preme su un disco solare posto sopra una figura distesa. Sopra un disco lunare e un loto rosa, è completamente avvolta da fiamme arancioni, simbolo della consapevolezza primordiale.
La sua iconografia è ricca di significati allegorici. Il suo corpo rosso rappresenta il potere vitale, il sangue della nascita e il fuoco interiore della trasformazione spirituale. Il suo singolo volto simboleggia la realizzazione che tutto ha una radice comune nel vuoto, mentre i tre occhi indicano la capacità di percepire passato, presente e futuro. Le sue due braccia rappresentano la sua conoscenza di entrambe le realtà, relativa e assoluta. La gamba destra estesa e la sinistra leggermente piegata evocano la danza dell’illuminazione, mentre gli oggetti che tiene in mano esprimono la sua potenza: il coltello curvo simboleggia la capacità di recidere gli ostacoli e le illusioni, mentre la coppa cranica da cui beve rappresenta la pura luce della beatitudine. L’intero ambiente in cui è immersa è costituito da siti di cremazione, a simboleggiare il superamento dell’illusione del mondo fenomenico.
Vajrayogini possiede tre corpi o livelli di manifestazione come Buddha. Il suo corpo supremo è il “corpo di verità” (dharma-kaya), privo di forma, costituito da pura luce e conoscenza. Inoltre, si manifesta attraverso i “corpi di beatitudine” (sambhogakaya), forme sottili e celestiali con cui appare come divinità, raggiungendo l’illuminazione, impartendo saggezza e ispirando gli esseri senzienti. Infine, il “corpo di emanazione” (nirmanakaya) le permette di manifestarsi nel mondo fisico tra gli esseri umani.
Vajrayogini è una Dakini (spirito femminile di tradizione hindū), incarnazione della grazia e dell’annientamento dell’ego, che dissolve le illusioni e le identificazioni errate. Ogni elemento della sua iconografia simboleggia ciò che dobbiamo abbandonare, il sentiero spirituale da percorrere e il risultato da raggiungere per conseguire uno stato di illuminazione assoluta. Il fatto che calpesti delle divinità terrene rappresenta la sua vittoria sul desiderio, sull’odio e sull’ignoranza. I suoi cinque ornamenti simboleggiano le cinque perfezioni di tutti i Buddha, mentre il suo corpo, nella sua essenza primordiale, incarna la saggezza universale dei Buddha.
Uno dei suoi scopi principali è guidare tutti gli esseri senzienti nella Terra Pura delle Dakini. Vajrayogini incarna l’essenza della “grande passione” (maharaga), un desiderio trascendente, libero da egoismo e inganno. La sua missione è promuovere il benessere e l’elevazione spirituale di tutti gli esseri. Contrappone il ricco mondo interiore alla percezione della realtà, invitando i praticanti a superare le illusioni e raggiungere la consapevolezza ultima.
Fonti:
Giuseppe Tucci, Teoria e pratica del mandala
Jean Eduardo Cirlot, Diccioanrio des Sìmbolos
Franz Carl Endres , Annemarie Schimmel, Dizionario dei numeri
Judith Simmer-Brown , Dakini’s Warm Breath: The Feminine Principle in Tibetan Buddhism
Eva Rudy Jansen, Le mandala bouddhiste: L’art sacré du bouddhisme tibétain
Glenn H. Mullin, Jeff Watt, Female Buddhas, Women of Enlightenment in Tibetan Mystical Art
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