di Eloisa Agliata

Bisogna avere un caos dentro di sé,
per generare una stella danzante”.
F. Nietzsche

La terapia con il Mandala viene definita spesso come terapia dell’ordine “ poiché
contiene in sé ogni cosa, e ognuno vi trova ciò che fa al caso proprio e impara a
ordinarlo nel quadro della propria vita” (Ruediger Dahlke).

Durante la creazione del nostro Mandala personale, può capitare di imbatterci in figure che, attraverso forme o colori, non generino in noi sensazioni di armonia o benessere.
La prima reazione potrebbe essere quella di provare rifiuto per quell’immagine
partorita da noi stessi a tal punto da cancellarla o prenderne le distanze.
Ovviamente, non essendoci un galateo di condotta in merito, possiamo
tranquillamente farlo, senza alcuna conseguenza.
Tuttavia nel prendere le distanze da ciò che in noi genera rifiuto o sofferenza
perdiamo una grande possibilità: quella di farne esperienza per poterla saggiare, conoscere, trasformare e infine armonizzare.
Il Mandala infatti ci offre uno spazio sicuro in cui sostare per osservare forme e colori che in quel momento rappresentano un’istantanea del nostro mondo interiore così com’è; ogni nostra parte espressa viene abbracciata, contenuta ed accolta dal grande cerchio del Mandala, difficoltà comprese. Permettendoci, infatti, di entrare in relazione con il materiale emerso, quest’ultimo potrà essere metabolizzato e riordinato con i nostri tempi e manifestarsi come una nuova indicazione da percorrere, regalandoci una visione più ampia che vedremo arricchita proprio da ciò che in un primo momento generava in noi disagio e rifiuto ma che in realtà altro non era che un ulteriore passo, ora reso visibile, per continuare il nostro viaggio.

Fonte:
Ruediger Dahlke, Terapia con i Mandala.
Immagine di copertina: The Mandala Book, Lori Bailey Cunningham