di Annalisa Ippolito

«Giorni luminosi.
Non piangere perché sono passati.
Sorridi, perché ci sono stati.»
Confucio

Il lutto è quel dolore che sentiamo nel momento della perdita di una persona cara.
In quest’ultimo anno, anche a causa della pandemia, abbiamo subito lutti individuali e sociali che hanno coinvolto tutta la comunità cittadina. Il mondo intero ne è stato toccato. Chi è andato via, ci ha lasciato spesso in maniera brusca il che ha acuito il senso di vuoto e straniamento.
Anche se la morte è un passaggio naturale non siamo mai abbastanza preparati per affrontarla.
Quando una persona muore perdiamo un punto di riferimento, una relazione che in qualche modo ci definisce. Con loro è una parte di noi che muore. Quella parte di noi che si esprimeva in quella relazione.
Nel lutto i sentimenti che si alternano, la rabbia, il rimpianto, il rimorso, la delusione, il sollievo, la ricerca di pace, la depressione, le giustificazioni, le paure represse, il vuoto, la mancanza, sono parte di uno stato di frammentazione in cui la nostra anima va in pezzi, che a volte si riflette negli scompensi fisici in cui il corpo rende concreto il dolore.
È difficile prevedere come e quanto tempo ci voglia per riprendersi dal dolore acuto, dal senso di smarrimento e dalla devastazione interiore, anche perché è un percorso del tutto personale. Tuttavia arriva il momento in cui dobbiamo arrenderci alla vita, comprendere il dolore che stiamo attraversando e accettare di viverlo. Quel dolore ci da la prova della nostra capacità di amare, di prenderci cura e della relazione con gli altri. Accettare il vuoto, accettare il dolore, accettare che un certo mondo sia andato in mille pezzi e non tornerà più ci da la misura della nostra ambiguità di fondo, nella quale agiamo credendo che tutto ci appartenga e possiamo gestirlo a nostro piacimento, usando la vita invece di servirla. Il mandala insegna una cosa importantissima, la transitorietà di tutto il bello che c’è intorno e dentro di noi. Assistere alla realizzazione di un mandala di sabbia fa comprendere molte cose, la pazienza esercitata dai monaci nel collocare i migliaia di grani di sabbia in ogni angolo, creare un’opera tanto bella, armonica, piena di colore e poi dopo una meditazione di qualche ora, di qualche giorno, disfarla, ridurla in un ammasso di sabbia multicolore e informe, e restituirla alle forze originarie dell’universo, è una lezione sul significato della vita. E il dispiacere provato nel momento del disfacimento è uno specchio della nostra arrogante sofferenza di esseri umani con pretese divine. È anche una lezione per comprendere quanto sia importante apprezzare non solo quello che amiamo, ma anche quello che abbiamo avuto: la possibilità di ammirare un mandala, i suoi colori, i suoi simboli, la sua vibrante energia e lo abbiamo vissuto ricevendo il dono della sua caducità. Come la vita nulla è eterno e il bisogno di far tesoro di ogni istante diventa imperativo.
Nel Grande Ciclo del Mandala, Susanne Fincher parla dello Stadio della Frammentazione, ma anche della Estasi Trascendente. A questi stadi possiamo far coincidere il lutto e la sua risoluzione. A un certo punto della nostra vita e del nostro mandala comprendiamo che il seme luminoso della grazia, della gratitudine riservata alle nostre esperienze passate in compagnia della persona scomparsa è diventata più importante della sua assenza. Scopriamo la gratitudine e la grazia. Ciò non vuol dire che il dolore scompaia, ma che si trasforma, non è più portatore di rancore verso lo strappo che ci è stato fatto, quanto diventa testimone dell’incontro tra le anime che siamo stati nella relazione con l’altro.
Il mandala è uno strumento che in questo percorso raccoglie e accompagna ciascuno di noi. Dalla colorazione alla creazione è un compagno silenzioso e non giudicante, offre un riparo, una via e uno strumento per comprendere e rimettere in ordine i pezzi sparsi del nostro dolore. Ricollocare le tessere, dargli un nuovo senso e riconquistare un equilibrio pacificato e vivo è un modo per onorare i nostri defunti, per accompagnarli e finalmente lasciarli andare.
Diventa la nostra e la loro resurrezione.