Le falere celtiche sono dei dischi di metallo di diversa fattura e di forma rotonda.  Possono essere in metallo prezioso, oro e argento, o bronzo, possono avere intarsi e pietre preziose o vetro colorato, oppure possono avere forma di bottoni concavi con un cono al centro.
Erano incise e spesso lavorate a niello, con immagini geometriche o antropomorfe come leoni,  aquile, divinità e a ciascuna immagine corrispondeva una particolare virtù.
Anche la loro forma circolare a disco si riferisce ai poteri protettivi tipici del cerchio e degli anelli anche questi molto diffusi tra i Celti.

L’uso delle falere era decorativo e protettivo allo stesso tempo, si trovavano spesso sulle bardature dei cavalli. Erano anche simboli di valore ed eroismo. Le placche erano spesso incastonate sulle armature dei soldati e dei generali ad indicare il loro valore in campo, ma non di meno adornavano gli abiti dei civili ad indicare le loro virtu’ civiche e la saggezza nel comportamento.

Le falere erano quindi un distintivo raffinatissimo dell’arte celtica, che col tempo contaminò anche quella etrusca e romana. Secondo certa tradizione fu proprio un re etrusco, Tarquinio Prisco a importarne l’usanza a Roma.
Alcune tra le piu’ interessanti collezioni giunte fino ai nostri giorni si trovano a Londra al British Museum, tra queste alcune erano parte dei corredi di donne patrizie, e al Metropolitan di New York, sono da tenere in considerazione per la loro fattura preziosa anche quelle conservate ai Musei Civici di Arte e Storia di Brescia databili intorno al I secolo a.C.

Come per molti mandala hindù, conosciuti come yantra, le falere identificano le virtù delle divinità e le loro energie, ed hanno lo scopo di proteggere e mantenere sani i loro portatori.
Una somiglianza  tra le falere e i mandala si ritrova nel concetto espresso dsl significato primordiale del disco o cerchio come entità protettiva e contenitore di tutte le energie e racchiude in sé il simbolismo delle origini di quell’immaginario collettivo di cui C.G. Jung parla riferendosi alle forme che appartengono, per vie imperscrutabili, all’intera l’umanita’.

Fonti e approfondimenti:
O. J. Westwood, Celtic and Anglo-Saxon Art and Ornament
Rodolfo Roman, los mandala del mundo vol. II
C. Davis, I mandala celtici
C. G. Jung, L’uomo e i suoi simboli
J. Chevalier A. Gheerbrant, Dizionario dei simboli
C. Morel, Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze

 

testo orginale 17 agosto 2012, www.mandalaweb.info
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