«I mandala mi nascono spontanei : non so definirli non ne so molto, li creo e li coloro soltanto perché mi fanno stare bene» mi confida la signora Giulia, ceramista di Sperlonga rispondendo alle mie domande mentre mi aggiro nella sua bottega ‑ un universo cobalto in cui tecniche secolari e audaci sperimentazioni si intrecciano ‑ dove ogni pezzo è foggiato a mano.
La signora Giulia coltiva la sperimentazione e la creazione di piatti e ceramiche come un’abitudine: il forno, a due passi dal negozio, entrambi nascosti in una piazzetta, come una perla nella conchiglia, è il laboratorio dove prova smalti, forme, temperature. Voltandomi, resto sorpresa: un piatto di ceramica blu, il più armonioso, un mandala che evoca mare e vestigia romane adagiate sul fondale. È fessurato, ma attraversato da fili d’oro: la signora Giulia, cogliendo il mio stupore, spiega che si era rotto in cottura e non voleva gettarlo. Ha praticato il kintsugi, ricomponendo i frammenti con lacca e polvere d’oro. Il risultato non nasconde la frattura, la sublima: il mandala diventa metafora di un’esistenza in cui le crepe, lungi dall’essere difetti, rivelano la trama segreta di un’anima. Ogni volta, capisco che sono proprio i mandala a guidarmi: dietro le loro geometrie mi offrono incontri inattesi, piccole epifanie che continuano a sorprendermi.
Giulia Ceramiche Blu a Sperlonga il suo profilo Fb su cui pubblica le sue iniziative e i suoi prodotti. Questo post è il frutto di un incontro casuale, se esiste il caso ed uno dei tanti regali che mi ha fatto il mandala.
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