di Annalisa Ippolito

“Furthermore, there are advantages to suffering: with agony, arrogance disappears; compassion grows for those in recurring samsara; negative conduct is shunned; and joy is taken in being constructive.”  Shantideva

“Inoltre, ci sono vantaggi nella sofferenza: con l’agonia, l’arroganza scompare; la compassione cresce per coloro che ricorrono al samsara; viene evitata la condotta negativa; e la gioia è presa dall’essere costruttivi

Nessuno ama soffrire e il percorso buddista si basa sul desiderio di liberazione dalle sofferenze. Tuttavia i dolori servono a qualcosa come scrive Shantideva. Attraverso il dolore spesso ci evolviamo in qualcosa di meglio, comprendiamo i nostri limiti e la sofferenza altrui. Ma da dove viene la sofferenza? La sofferenza, secondo le filosofie orientali, è data dai “veleni” (emozioni negative) che abitano il nostro cuore e la nostra anima. La rabbia, il senso di possesso, la gelosia, l’invidia, il senso di colpa, l’arroganza, l’egoismo… ognuno di questi sentimenti negativi influisce sulla nostra vita e sulla nostra salute. Secondo il principio che soprintende al Cerchio delle vita e prevede la rinascita, siamo catapultati in un regno che va dagli inferi al paradiso secondo il karma che abbiamo accumulato, una metafora meravigliosa per spiegare quanto siamo responsabili del nostro benessere attraverso le nostre azioni.
Tutta la simbologia della Ruota della vita richiama continuamente questo messaggio di speranza e di consapevolezza. A cominciare da Yama il divoratore del tempo, la divinità mostruosa che tiene la ruota del Samsara tra le fauci alla presenza rassicurante del Buddha Sakyamuni che ad ogni stadio ci indica la via per uscire dagli affanni.
Praticamente cosa possiamo fare? La via è la gentilezza, verso tutti, il rispetto per noi e per gli altri, l’amore e la comprensione per ogni essere senziente. A partire da noi stesse e noi stessi, accettando le nostre piccolezze con consapevolezza per portercene liberare.