L’arte tribale dei Warli, una popolazione nomade che vive in India, nel distretto di Thane, a nord di Bombay, che parla una lingua che non si scrive me che e’ una mistura di Sancrito, Maharati e Gujarati, e’ uno dei pochi esempi di arte rituale-ancestrale ancora esistente al mondo.

Fino agli anni ’60 del Novecento la pittura di questa tribu’ era appannaggio delle donne che vi si dedicavano esprimendosi sulle mura delle capanne, costruite con fango e sterco di vacca, e utilizzavano uno stile semplice e arcaico. Esempi simili si trovano in alcune grotte in Madhya Pradesh e che risalgono circa a 500 e 10000 anni prima di Cristo. Le origini della tradizione Warli invece gli studiosi la fanno risalire al 2500 o 3000 a.C. Questo dato ci offre una interessantissima opportunita’ per entrare in contatto con un vocabolario e simboli appartenente ad un tempo talmente antico che di lui abbiamo solo testimonianze archeologiche e preistoriche.
Solo negli anni ’70 per la prima volta, un uomo della tribu’ comincio’ a dipingere e a modificare questa forma rituale di racconto e manifestazione sociale in un “lavoro” trasformando se stesso in un artista.

Tornando alla pittura murale, cio’ che piu’ colpisce l’occhio dell’osservatore nel guardare le opere Warli e’ che la sostanza di quest’arte non si e’ evoluta dalle sue origini e’ rimasta la stessa.
Le forme e i simboli raffigurati sono ricorrenti e le geometrie sono intimamente legate alle credenze, alla natura e rappresentano rituali antichi e primigeni.
Il vocabolario dell’arte Warli e’ estremamente semplice, le forme base sono il cerchio, il triangolo e il quadrato. Spesso compaiono delle spirali.
Innegabile il richiamo alla natura e alle prime forme mandaliche. La spiegazione che ne danno gli stessi Warli e’ che la loro arte nasce dall’osservazione della natura. Il triangolo interpreta la forma della montagna e degli alberi conici, il cerchio e’ ispirato dall’osservazione del sole e della luna.
Il quadrato ha una storia a parte perche’ sembrerebbe rispondere ad una diversa logica e come tale e’ una invenzione umana e indica uno spazio sacro o piuttosto un pezzo di terra da coltivare.
Il tema ricorrente nel quadrato chiamato solitamente “chauk” e’ il Devchauk, al suo centro contiene la rappresentazione di Palaghata, la Dea Madre, simbolo di fertilita’. Nel pantheon warli di solito non compaiono divinità maschili, quando questo capita rappresentano gli spiriti che prendono forma umana. Un aspetto, questo, molto significativo sull’organizzazione sociale e sulle credenze divine piu’ antiche di questo popolo.

I motivi dipinti nella parte centrale di questi affreschi sono di solito circondati da scene di caccia, pesca e agricoltura, cerimonie e danze, alberi e animali simbolici.
I corpi degli animali e degli uomini sono creati dall’unione di due triangoli che si toccano per un vertice. Di solito quello superiore rappresenta il tronco, quello inferiose le pelvi. Il precario equilirio di questi triangoli e’ l’allegoria del precario ordine dell’Universo, della coppia, e e’ uno strateggemma “tecnico” per dare vita, e movimento ai corpi stessi.
La possibilita’ di accedere a queste opere, di leggere I loro significati offre ai fruitori la possibilita’ di guardare nel passato, come attraverso una macchina del tempo. Le supposizioni che si sono succedute sui simboli dell’arte sacra, sui significati del cerchio e del quadrato, gli studi e le ipotesi di lavoro trovano qui una testimonianza diretta e autentica.

I simboli antichi che compaiono negli affreschi dei Warli, sono gli stessi che compaiono nel mandala e come tali entrano nella tradizione della geometria sacra. Offrono la possibilita’ di vedere come siano entrati nell’immaginario collettivo e facciano parte della tradizione culturale di tutta l’umanita’.
Il triangolo nel mandala tradizionale bidimensionale e’ contenuto nella parte centrale e contiene uno dei colori simbolo delle cinque famiglie di Buddha, dedicato a una delle divinita’ contenute nel mandala e solitamente indica una direzione. Nel mandala individuale, il triangolo indica quasi sempre una direzione, come la freccia, alto o basso, ma anche dentro-fuori. Sta a noi dare una risposta a quale richiamo risponde il nostro triangolo. Ci chiede di guardarci dentro? Di ascoltare l’energia che vuole uscire attraverso qualche progetto?
Il quadrato, indica la casa, nel mandala tradizionale e’ il palazzo dove risiede la divinita’, il cosiddetto palazzo celeste. Nel nostro mandala il quadrato rimanda a un bisogno di solidita’ o al contrario indica una concretezza finalmente realizzata. Un incontro con il se’ ben riuscito, sostiene Susanne Fincher.

Il cerchio indica il tutto, l’uno, l’indivisibile, il cielo, non ha fine e non ha inizio. Nel mandala tradizionale e’ il primo gradino per accedere alla pratica, al terreno sacro, e’ la prova da superare per avere la conoscenza e la liberazione. Nel mandala individuale il cerchio richiama lo spazio magico, protetto e allo stesso tempo ha valore difensivo. Disegnare il cerchio in un mandala ha diversi significati. Puo’ richiamare il nostro bisogno di proteggerci, ma anche di difenderci. Dovremmo chiederci da che cosa? Da chi? O, al contrario, da chi vorremmo essere invece inclusi o accolti?

Fonti:
Dandekar, Ajay (ed.) (1998). Mythos and Logos of the Warlis: A Tribal Worldview,
http://www.biodiversityofindia.org/index.php?title=Warli_tribe_and_their_tribal_art

Testo originale pubblicato 8 dic 2014 su www.mandalaweb.info
http://www.mandalaweb.info/approfondimenti/news/iwarlilageometriasacraeilmandaladicembre2014