Qualche  anno fa una mia amica, allora incinta, venne da me e mi porse un foglio: “guarda che cosa mi hanno dato al corso pre-parto…”. 

Era un mandala, un bel mandala di cui conoscevo l’origine, era un mandala della Grande Madre. Ispirato ai disegni antichi e primitivi delle comunità stanziali che avevano abitato le zone caucasiche nel neolitico. Lei mi guardava era diffidente, infatti non voleva colorarlo, le sembrava un gioco stupido era sospettosa di quella pratica e di quel disegno. Io le sorridevo di rimando ma non dicevo nulla. Era un momento delicato, la sua pancia abitata da un bebè che aveva a lungo desiderato meritava il rispetto e l’amore di tutto l’universo, questo lei lo sapeva. Solo che la sua cultura estremamente razionale non le permetteva di vivere questo momento in risonanza con la natura, nello stesso tempo la natura reclamava a gran voce e nel profondo il legame che univa lei e il cosmo in quel preciso momento della sua vita. La sua ostetrica era stata lungimirante. La mia amica era scettica. Temeva che venissero fuori troppe ansie e che invece di calmarsi il mandala le avrebbe creato altro stress. La capivo benissimo e non insistetti. Mi limitai a guardare il mandala in ogni direzione e a inviarle le energie della Grande Madre.

Oggi il mandala non fa più paura, anzi, è diventato uno strumento popolare per accompagnare i momenti più difficili e più belli della vita delle persone. E anche il rapporto tra le gestanti e il mandala è cambiato. In questo periodo sono inondata di immagini di ventri disegnati. 

È diventata una moda, uno strepitoso successo di pance disegnate e colorate si trovano sul web esibite con orgoglio e gioia, rappresenta una evoluzione della body art da una parte e un ritorno ai rituali primitivi dall’altra. 

Usato come amuleto, come protezione potente per il nascituro, il mandala disegnato sulla pancia rappresenta un ulteriore legame tra il mondo interiore della madre, l’universo e il bebè che cresce e si forma. Una restituzione parziale di naturalezza ad una condizione, quella di essere incinta, che ha perso molto della sua identità nel corso dell’ultimo secolo. Medicalizzata, ospedalizzata, asetticizzata l’esperienza della gestazione ha rischiato di essere trattata come una malattia e non come il bellissimo e naturale evolversi della vita che chiede di essere compiuta. 

Il mandala restituisce una dignità ancestrale al legame tra le donne e la natura. La generatività biologica è un evento inserito nel ciclo della vita, probabilmente più raro ai giorni nostri ma più consapevole. Come le piante germogliano e si aprono generando frutti e  nuovi virgulti in un eterno circolo sacro di riproduzione, così il “corpo incinto” disegnato e colorato diventa il ventre sacro della madre terra. Diventa il simulacro della donna mais dei nativi americani, della Eva partoriente, di Gea che tutto contiene. 

Il mandala allora assume il valore di un sigillo, delicato e definitivo sulla vita che sta nascendo e il gesto tutto femminile di decorare il corpo con l’henné rimanda l’immagine del serpente che attorcigliato su se stesso protegge l’uovo cosmico, il tesoro dell’universo, la vita che sta nascendo. 

Ho scaricato alcune immagini dal web per celebrare la vita e il mandala che mi pare un connubio armonioso e morbido, profondo.

Fonte originale: Mandalaweb.info – https://sites.google.com/a/mandalaweb.info/web/approfondimenti/news/mandalaepancedisegnate