di Annalisa Ippolito

Spesso mi sento rivolgere questa domanda: come si medita con il mandala?
Una domanda alla quale ho trovato la mia risposta. Ciascuno dovrebbe poi trovare la sua.
Il mandala è una meditazione.
L’atto stesso di creare o colorare un mandala è un modo per meditare. Guardare e vedere un mandala è un modo per meditare.
Se la meditazione è lo svuotamento della mente dai pensieri affannosi e inutili, un mezzo per entrare in contatto con noi stessi e ricaricare le energie, una via per trovare noi stessi o non perdere di vista quelli che sono i nostri valori, allora il mandala e’ non solo un mezzo per meditare ma è meditazione stessa. Con la sua fissità pone i puntelli per lanciarci nell’Universo e scoprirne i simboli nascosti che sono un messaggio per noi.
La mente è assorbita dall’attività compiuta e questo ci aiuta a svuotarla. Renderla finalmente vuota per ricevere il pieno della “verità”.
 
Mentre generiamo un mandala ci allontaniamo dalla tortuosità e dalla oppressione del nostro pensiero corrente, il nostro cervello si alleggerisce e riesce a portarci in un altrove libero per poi restituirci alla nostra quotidianità più consapevoli e sereni. Abbiamo sempre richieste da fare a noi stessi e agli altri ma quando entriamo nel mandala smettiamo di cercare e allora, solo allora, forse, troviamo. 
 
Il percorso non è facile, non è automatico e non è breve. Conciliare il nostro quotidiano e i nostri limiti con le più alte verità non è un’impresa semplice. 
Ci vuole pazienza, ci vuole determinazione e ci vuole fede, in noi stessi prima di tutto. Ci vuole costanza. 
Spesso incontro persone che dopo una giornata o un week end hanno fretta di trovare il punto, hanno fretta di sentirsi bene e cambiati e tornano a casa con la delusione di non aver trovato alcuna risposta. O l’illusione di averla trovata per poi rendersi conto finito l’effetto del lavoro della giornata che c’è ancora molta strada da fare. La fretta è una cattiva compagna e non è un caso che lo stress sia il suo figlio prediletto. Il primo passo è proprio quello di lasciar andare la fretta, smettere di chiedere e per dirla con una frase fatta “mettersi in ascolto”.
 
Il mandala agisce a livelli talmente profondi, in quella fascia sconosciuta e inafferrabile dentro di noi che è impossibile stabilire un tempo di reazione perché qualcosa cambi veramente. Senza tenere conto delle nostre resistenze al cambiamento.
Talvolta cambiamo ma non ne prendiamo coscienza che dopo un po’ di tempo; e in altre occasioni non vogliamo proprio sapere di lasciar andare la nostra sofferenza e il nostro stare male,perché la prospettiva di una incognita sconosciuta di benessere è ben peggiore di un male conosciuto cui nostro malgrado siamo affezionati.Non avere scuse e dover assumere le proprie responsabilità di essere felici e stare bene per qualcuno è talmente spaventoso da rifiutarlo. E questo nessun mandala può cambiarlo se non decidiamo in prima persona di agire e reagire. 
 
Il mandala è una meditazione che cura. Come tutte le cure che guardano alla radice di un problema che coinvolge non solo una parte di noi ma tutto il nostro essere e’ uno strumento da usare con cautela, con rispetto e amore. Ci e’ stato donato come una grazia e con devozione andrebbe salutato e maneggiato. Anche perché il mandala non mente. Non mente mai e non ci permette di mentire.
 
Dalla sua accogliente forma rotonda ci guarda come fosse uno specchio e come uno specchio, che per gli orientali è la porta della verità perché riflette la realtà esattamente com’è, anche il mandala ci riflette la nostra vera immagine. Il che potrebbe anche non piacerci.
 
Solo quando avremo guardato nel profondo dello specchio, riconosciuto e accettato anche le immagini meno esaltanti, allora potremo metterci veramente di fronte al mandala e gioire e godere della sua meravigliosa accogliente e “magica” aura. E scopriremo che siamo un tutt’uno con il mandala, siamo il mandala. E avremo colto l’essenza della meditazione.